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Alcolismo: come uscirne
L’alcolismo è una piaga persino più dannosa della tossicodipendenza poiché l’alcol resta nel cervello oltre nel fisico assai più a lungo delle altre droghe. È più pericoloso non solo perché è di più facile reperimento, senza incorrere nei rigori della legge, ma perché induce a comportamenti devianti e aggressivi, alterando la personalità e l’equilibrio psichico.
L’alcol diviene una droga nel momento in cui esercita un richiamo mentale e una richiesta compulsiva. La compulsione è quell’atto che obbliga la persona ad accostarsi all’alcol, al pari di ogni altra droga. Questa ricerca affannosa produce una schiavitù ed espone ad ogni genere di eccesso.
L’alcol falsa la visione degli avvenimenti ed amplifica le circostanze negative: la mente si concentra sui dettagli e devia da un sano discernimento.
Ricordo che un amico alcolista, ospitato in casa mia per dieci mesi, tornava ubriaco dal bar esprimendo la sua insofferenza sui fallimenti della vita e incolpando di ciò il prossimo.
Si soffermava sui particolari ritenuti negativi, si accaniva nel dare giudizi ed ingiuriava le persone, i cui atti in qualche modo lo avevano ferito.
Ingigantiva questi stati d’animo cercando nel prossimo un nemico. Era assalito da vere manie di persecuzione e diventava così aggressivo che fui costretto a metterlo alla porta.
Con l’alcolista non si può agire come il “buon samaritano” poiché il suo comportamento è condizionato; il senso di impotenza che vive e la disperazione che prova lo spingono contro coloro che gli sono accanto, considerandoli la causa delle proprie frustrazioni.
è provato che persino le opere letterarie possono venire influenzate dall’alcolismo, come nella visionaria letteratura di Edgar Allan Poe, che morì di “delirium tremens”, l’ultima e terribile fase dell’alcolismo cronico.
Poiché i fattori di inibizione vengono meno e gradualmente rimossi, la persona dedita all’alcol diviene aggressiva e sempre più irresponsabile. Spesso non è in condizioni di uscire di casa o di tornarvi, perché non può camminare in modo autonomo e stabile; può cadere di colpo e ferirsi seriamente. Può vedere e immaginare persone inesistenti che congiurano contro di lui. Poiché nel subconscio si scatenano le sue fobie e la realtà viene deformata, viene spinto a parole, gesti ed atti incontrollabili, nella convinzione di essere osteggiato o in pericolo.
La logorrea e la violenza divengono spesso espressioni abituali del suo comportamento, finché cade in un sonno letargico, simile allo svenimento.
Al risveglio, non ricorda nulla dell’accaduto, né delle intemperanze commesse.
Come per tutte le droghe, occorre disintossicarlo ponendogli un traguardo dopo l’altro.
Un giorno di astinenza è già un successo da riproporre il giorno successivo e così di seguito.
Il problema è che l’assunzione di alcol, divenuto una droga -tutto in natura per l’uomo può essere utile, ma non i suoi eccessi-, non viene considerata subito una dipendenza, ma un’abitudine che si può interrompere in ogni momento con la propria forza di volontà, senza bisogno di aiuto.
Infatti non si ha l’umiltà di riconoscere, nel rapporto con gli altri, a che punto si è arrivati.
Per questo in certi gruppi di auto-aiuto, viene imposto di dichiarare subito il proprio stato, per rimuovere il malinteso senso di orgoglio che si cela nell’ipocrisia personale.
Infatti quando si chiede aiuto, si dichiara di avere un problema che non si riesce a governare da soli, in un atto di completa sincerità.
Allora potrà iniziare un cammino di recupero, attraverso la conoscenza di sé scoprendo le motivazioni che hanno portato alla dipendenza da questa sostanza, per non ricadervi nuovamente.
Questo cammino esige la sincerità di porsi davanti a sé stessi, non in solitudine con il proprio problema, bensì sostenuti da medici e dai fratelli nella fede.
Infatti Dio può operare là dove le sole forze e la scarsa stima personale non lo consentono. Per questo egli libererà l’alcolista dal pessimismo che l’alcol, trascorsa l’euforia del momento, suscita nella sua mente. In questo modo non ci si sentirà più anormali se non si beve.
Dio muta i modi di pensare e di agire. Allora, “… la vostra tristezza sarà cambiata in gioia” (Giovanni 16:20). Se si consentirà a Dio di entrare nella propria vita per essere sostenuti, ci si meraviglierà della trasformazione che si potrà ricevere.
L’amore del Signore cambierà l’esistenza, perché si è riconosciuta la propria impotenza e la sua guida. Egli guarirà e mostrerà che “… Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove” (2 Corinzi 5:17).
Costantino FortiAlcolismo come uscirne